Sponsorizzazioni sportive, come non perdere la deduzione fiscale
Di RobertoL’argomento della deducibilità fiscale relativa ai costi delle sponsorizzazioni sportive è particolarmente dibattuto e oggetto di centinaia di interpretazioni, nonché di controlli, accertamenti e sentenze delle varie Commissioni Tributarie che, con sempre maggiore frequenza, derubricano questo tipo di costo a “spesa di rappresentanza” con tutto quello che ne consegue.
Il contribuente si troverà ridotta di gran lunga la percentuale di deducibilità di tali importi: infatti le spese di rappresentanza sono deducibili dal reddito imponibile secondo un sistema regressivo per scaglioni così riassumibile:
- Percentuale di deducibilità 1,5% con ricavi dell’impresa da 0 a €. 10.000.000
- Percentuale di deducibilità 0,6% con ricavi dell’impresa da 10.000 a €. 50.000.000
- Percentuale di deducibilità 0,4% con ricavi dell’impresa da €. 50.000.000 in su…
Le quote di spese di rappresentanza che eccedono tali limiti dovranno essere tassate nella dichiarazione dei redditi in via definitiva senza alcuna possibilità di riporto delle eccedenze negli esercizi successivi.
Cosa significa la sponsorizzazione sportiva
Prima di addentrarci nell’argomento, è bene comprendere il significato di “sponsorizzazione sportiva”. Si tratta di un vero è proprio scambio di servizi che avviene tra un’associazione sportiva e un soggetto titolare di reddito di impresa: a fronte di un corrispettivo pagato, dopo la stipula di un particolare contratto tra le parti, il titolare del reddito di impresa, ovvero lo sponsor, riceverà un servizio dalla società sponsorizzata.
Detto servizio, di norma si configura con la veicolazione del brand dello sponsor durante le manifestazioni sportive a cui parteciperà la sponsorizzata, oppure la pubblicizzazione di un prodotto o un servizio offerto dallo sponsor nel corso della stagione sportiva o in specifici eventi. Il servizio reso dalla società sportiva deve essere chiaro, definito e ovviamente concreto.
Come viene considerata una sponsorizzazione dal fisco
Partendo dal presupposto che ogni costo per la sponsorizzazione è interamente deducibile da chi eroga le somme a favore dell’associazione sportiva, va da sè, che attraverso questo meccanismo sarà possibile crearsi dei costi, abbattere l’utile imponibile e, di conseguenza, pagare meno imposte.
Altro vantaggio di una sponsorizzazione sportiva è quello che essendo un contratto stipulato tra due soggetti privati, può essere concluso in qualunque momento dell’anno, magari quando ci si rende conto di avere gli utili troppo alti e si cerca di correre ai ripari.
L’aspetto fondamentale di un contratto di sponsorizzazione deve essere uno, ovvero la presenza di un servizio reso dall’associazione allo sponsor che va valutato in termini di economicità, e utilità per lo sponsor stesso: altrimenti ci si ritroverebbe nella classica situazione in cui squadrette sportive di campionati minori vantano bilanci milionari con sponsor a destra e a manca, che, non si capisce il perché, versano all’associazione sportiva migliaia di euro per uno striscione a 500 km di distanza rispetto a dove si trova il negozio fisico dell’attività, oppure il pagamento di un corrispettivo a fronte di un servizio non concreto, evidente e, troppo spesso, inesistente.
Questa appena citata è la classica situazione in cui l’Amministrazione Finanziaria potrebbe contestare tali costi, considerando l’antieconomicità del servizio, o la sua totale inutilità (vedi il caso in cui un bar di Firenze sponsorizza un’associazione sportiva di Palermo), declassandoli da spesa pubblicitaria, interamente deducibile dal reddito di impresa, a spesa di rappresentanza con tutti i limiti di deducibilità sopra descritti: un vero e proprio salasso per chi si ritroverebbe a sostenere un costo fine a se stesso, senza averne alcuna convenienza in termini di bilancio.
Come redigere un contratto valido
Affinché un contratto di sponsorizzazione possa essere considerato efficacie ed inattaccabile, sarà necessario rispettare alcune regole:
- come già sottolineato, è fondamentale la presenza di un vero e proprio servizio reso dalla sponsorizzata allo sponsor. Tale servizio deve essere tangibile e non astratto;
- la prestazione resa dall’associazione sportiva deve essere volta a pubblicizzare un servizio o un prodotto fornito dall’azienda che decide di ricoprire il ruolo di sponsor con la finalità di consentire a quest’ultima di ottenere un concreto beneficio in termini di ritorno economico, o di immagine, da tale operazione (motivo per cui non è consigliabile che un bar sponsorizzi una squadra di calcio di un’altra regione, o anche e solamente, di un’altra provincia);
- i servizi resi dallo sponsor devono essere citati chiaramente nel contratto di sponsorizzazione stipulato tra le parti, a fronte del corrispettivo pattuito. E’ importante specificare, nel dettaglio, quali siano le modalità e le caratteristiche del servizio che non può essere lasciato non identificato o configurarsi come una sorta di elargizione a titolo di liberalità da parte della sponsorizzata;
- è fondamentale, inoltre, che esista un equilibrio tra il costo sostenuto dallo sponsor e il servizio reso dalla sponsorizzata anche in termini di prospettive di ritorno economico per lo sponsor stesso; E’ consigliabile quindi evitare il pagamento di 100.000 euro l’anno per l’apposizione del marchio sulla divisa di gioco di una squadra di terza categoria, ad esempio.
La sponsorizzazione delle associazioni sportive dilettantistiche (ASD)
Nel 2024, le spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche (ASD) sono deducibili dal reddito d’impresa fino a un importo massimo di 200.000 euro all’anno, come spese di pubblicità. Questa deducibilità è una “presunzione legale assoluta“, il che significa che non è necessario dimostrare l’efficacia pubblicitaria delle sponsorizzazioni, a condizione che siano rispettati determinati requisiti:
- Il soggetto sponsorizzato deve essere una ASD affiliata al CONI.
- Deve esserci una specifica attività promozionale volta alla pubblicizzazione dei prodotti o servizi dello sponsor.
- Il limite di spesa è fissato a 200.000 euro.
Oltre a ciò, la Corte di Cassazione ha recentemente riaffermato che, rispettando questi criteri, non è possibile contestare la deducibilità di tali spese per il loro scopo pubblicitario, differenziandole nettamente dalle spese di rappresentanza, che hanno limiti di deducibilità più restrittivi (ad esempio, 1,5% dei ricavi per imprese con fatturato fino a 10 milioni di euro).
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