Quando la polizza vita rende meno delle attese

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Se di questi tempi si leggono le pagine che i quotidiani riservano ai quesiti dei lettori in materia economica o finanziaria, una delle questioni più spesso messe sul tappeto è quella delle polizze vita sottoscritte nei decenni passati, che ora sembrano aver deluso le aspettative.

C’è ad esempio chi una quindicina di anni fa ha sottoscritto una polizza assicurativa unit-linked (letteralmente ‘legata a quote’ ossia, che investe i premi ricorrenti acquistando quote di fondi comuni di investimento diversificati) e che, a poco più di metà del periodo di investimento ha un controvalore decisamente più basso della somma investita.

Altri notano che, a fronte di versamenti regolari dei premi con puntuali aumenti annuali, il valore di riscatto della polizza è fermo da molti anni a questa parte, mentre al momento della sottoscrizione il promotore aveva pronosticato addirittura il raddoppio del capitale versato.

In realtà, non ha molto senso controllare frequentemente le prestazioni del fondo comune di investimento sottostante: infatti, non si tratta di un puro investimento finanziario, bensì di un prodotto che probabilmente nel tempo renderà più dei titoli di Stato, ma sarà comunque gravato da un fardello di costi e commissioni. Fardello che si appesantisce notevolmente quando sono negative le prestazioni del fondo sottostante, che esso sia azionario o obbligazionario. E purtroppo nell’ultimo decennio le prestazioni dei fondi non sono state affatto buone, a parte rari casi – ovviamente.

Per quanto concerne i pronostici del venditore a suo tempo possono essere stati fatti in buona fede, in un periodo di grande prosperità delle Borse, ma non dovevano essere scambiati per garanzie.


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