Perché le banche chiedono così tanti dati personali?

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Fascicoli di moduli da compilare, decine di firme da apporre, un’infinità di domande a cui rispondere, alcune delle quali anche assai personali. Molti clienti sono alquanto indispettiti o quanto meno stupiti per l’interrogatorio che fa loro l’impiegato di banca di turno allo sportello. Da dove provengono i soldi di questo bonifico?, Che cosa farà del denaro che ha prelevato?, Le sue entrate sono regolari? Se per esempio uno è separato dal coniuge, per aprire un conto corrente, il bancario pretenderà di capire come si muove il denaro nella famiglia. La domanda sorge spontanea al cliente: Perché tanta curiosità?

La risposta all’interrogativo sta principalmente nelle norme antiriciclaggio, che si applicano alle transazioni in denaro liquido superiori ai 5000 euro, svolte tra privati senza intermediari, per evitare che mediante le banche vengano “ripuliti” soldi provenienti da attività illegali, come usura, traffico di stupefacenti, sequestri di persona, furti. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Banca d’Italia devono essere subito informati di transazioni sospette, pena sanzioni pesantissime per la banca.

Ma questa non è l’unica disposizione che gli istituti di credito devono rispettare, poiché essi rispondono allo Stato in senso lato, oltre che a varie altre autorità. Per esempio, le banche sono costrette a registrare le anagrafiche dei clienti (che individuano con esattezza la persona), ad acquisire il codice fiscale e interrogare il cliente circa la provenienza e la destinazione di somme che superano una “normale” posizione economica del cliente. Spesso, contro il loro interesse di imprese desiderose di accogliere clienti facoltosi, le banche sono dunque costrette a fare domande su fatti personali, che rientrano nella normativa MiFID a tutela dei risparmiatori.

Per acquistare o vendere titoli finanziari, l’impiegato deve stilare un profilo di rischio della persona e accertarsi che sia ben consapevole di quanto sta disponendo. Per qualsiasi investimento, vengono studiate nei dettagli le disponibilità per capire quanto è possibile rischiare, di quanto è possibile privarsi, per quanto tempo. L’operatore della banca sembra suo malgrado uno psicologo.

Può anche succedere che una banca rifiuti un cliente o rescinda un contratto di conto corrente quando il cliente non dà le informazioni richieste e quindi la banca non è in grado di valutare la posizione o la provenienza. Ma la legge è chiara: la banca ha il dovere di rifiutare l’operazione.

Contro la stizza di chi sente violata la propria privacy, dovrebbe valere l’informazione, ovvero la spiegazione del perché vengono poste così tante domande. L’ABI sta lavorando insieme alle associazioni dei consumatori a un esame dei documenti attualmente sottoposti ai clienti per la firma per vedere come ridurne la quantità, semplificare il linguaggio, mettere a punto una grafica che consenta di capire subito qual è la parte importante da leggere per comprendere che cosa si sta firmando.


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