Neuromarketing: rilevazione dei dati biometrici durante lo shopping

Di
Alessandra Brusegan neuromarketing

L’ho fatto!

Lo desideravo da tempo e, durante l’evento Certamente di Ottosunove a Milano il 12/2/2020, ho finalmente avuto la mia occasione.

E a fornirmela è stata direttamente BrainSigns, una società (spin-off dell’Università La Sapienza di Roma) che si occupa proprio di ricerche di neuromarketing fondate sulla rilevazione di dati biometrici.

Io ho scelto di provare la simulazione di un acquisto in realtà virtuale e la contestuale raccolta di:

  • Frequenza cardiaca
  • Attività elettrodermica
  • Conduttanza cutanea

(ndr: in altri contesti le ricerche di neuromarketing prevedono anche l’elettroencefalografia e la risonanza magnetica, ma in questa piccola simulazione ludica no.)

Rilevazione dei dati biometrici per scopi di neuromarketing

Il neuromarketing, sebbene qualcuno lo giudichi come una disciplina al limite della manipolazione, è, in realtà una straordinaria occasione per ottimizzare i propri investimenti in tema di pubblicità, comunicazione e promozione.

Luca Florentino di Ottosunove lo spiega con parole semplici: “Comprendere come costruire messaggi brain friendly è indispensabile per essere davvero rilevanti, catturare l’attenzione, coinvolgere e motivare alla scelta”. 

Valutare scientificamente se un prodotto, un packaging o un video promozionale sfiorano, o meno, le corde umane ed emotive più profonde è un modo per stimare il successo dell’iniziativa prima di lanciarla, per non investire su messaggi non efficaci o per potenziare la resa di ciascuna campagna.

Neuromarketing applicato: come funziona la simulazione di acquisto in realtà virtuale

La simulazione a cui ho partecipato era a puro scopo esperienziale: non era finalizzata, quindi, a raccogliere dati per nessun cliente o test.  L’obiettivo era quello di permettere a me, e ad altri curiosi avventori, di comprendere dal vivo e sulla nostra pelle l’andamento di questi parametri biometrici durante un’esperienza consapevole.

Iniziamo.

La seduta comincia dopo aver indossato il visore per la realtà virtuale e il dispositivo di rilevazione. Quest’ultimo è sostanzialmente un braccialetto a batteria da cui partono dei cavetti dotati di sensori da fissare ai polpastrelli.

Alessandra Brusegan neuromarketing
Photo: Courtesy of BrainSigns

La prima immagine virtuale trasmessa è quella di una stanza luminosa e completamente bianca, con muri, soffitto e pavimento ben visibili e delimitati. 

Si chiama Baseline in gergo: serve a settare i parametri biometrici al livello base, ovvero in un contesto asettico e privo di emozioni o stimoli.

Dopo 30 secondi di Baseline, si passa ad una seconda visione: una piccola stanza “di mezzo” in cui si prende confidenza con lo strumento del joystick, ovvero con quello che servirà ad afferrare i prodotti e a spostarli nel carrello durante la simulazione di acquisto che inizierà tra pochissimo.

Qui è stato incredibile: ho avvertito una sensazione praticamente reale.

Cliccando sul joystick afferro una pallina dal tavolo. È una pallina che alla vista appare morbidosa, leggermente ruvida, una specie di mini-pallina da basket ma di quelle che anche i bambini possono afferrare con le dita. La prendo e, come da indicazioni, la sposto nel carrello dove cade senza fare nessun rumore dandomi la delicata percezione che fosse, in realtà, una pallina di gommapiuma che rimbalzava in modo impercettibile sulla griglia metallica del carrello.

Stessa sottile sensazione quando afferro una scatola dal tavolo: mi sembra leggerissima e vuota, mi dà l’idea di essere anche delicatamente ruvida ma non solo, mi sembra di sentire il profumo del cartone. Anche lei cade nel carrello silenziosamente.

Sono mie personali sensazioni che, però, mi hanno fatto pensare. Qui, è evidente, ci sono già alcuni elementi importanti della nostra esperienza di acquisto

Il fatto che il mio inconscio si aspettasse dei rumori, che abbia avvertito profumi e sensazioni tattili pur senza aver avuto nessun contatto reale con quegli oggetti, mi conferma che è moltissima l’attenzione sensoriale che investiamo in un’attività come quella dello shopping.  Ma non solo: a me sembra quasi che la nostra esperienza di acquisto si muova, davvero, tra 2 mondi che sono il mondo reale, di ciò che succede davvero, e il mondo irreale, quello delle nostre aspettative e delle idee (dettagliate, sensoriali e vive) che ci facciamo di ciò che vorremmo.

Ma procediamo con il test: concluse le prove di “presa” e “rilascio” eccoci nel supermercato virtuale. In realtà non ho accesso a tutto il supermercato, ma solo ad un lunghissimo scaffale appoggiato ad una parete e pieno di dolcetti, tortine e biscotti.

La consegna è di “sceglierne 3” sulla base del mio gusto e delle mie preferenze. 

È tutto luminoso e piacevole e io inizio lo shopping. Allora, prima di tutto scelgo una confezione di cookies con gocce di cioccolato e poi una confezione di biscotti alle mandorle.  Vorrei anche una confezione di amaretti che sono sulla parte più a sinistra dello scaffale. 

E qui avviene qualcosa di insolito: lo spazio reale a disposizione per il test era, purtroppo, leggermente misurato ed era minore di quello virtuale! E, infatti, il ricercatore accanto a me mi aveva avvertito di questo rischio. Se avessi preso qualcosa dal lato più a sinistra avrei, probabilmente, urtato il muro reale con il (costosissimo) joystick.

Ma io, per un istante, dimentico il limite e mi rivolgo da quella parte, proprio per prendere quegli amaretti.  Improvvisamente, però, mi ricordo del divieto ed esclamo: “Ah, già, quelli non posso prenderli”. 

Ok, cambio idea. Scelgo dei wafer dalla porzione più centrale dello scaffale e con un tocco molto deciso (forse troppo) faccio anche cadere le confezioni subito dietro a quella che afferro!  Un piccolo disastro virtuale, ma una bella sensazione di realtà.

La simulazione è finita. Ora, per concludere, mi aspettano ancora 30 secondi di Baseline per l’azzeramento degli stimoli e poi l’analisi dei risultati.

Neuromarketing reale: i risultati biometrici di un’esperienza di acquisto

Con curiosità mi avvicino al pc su cui sono tracciati i miei dati biometrici. 

L’Heart Rate, sinceramente, non mi stupisce (e forse nemmeno mi intriga), ma sono la rilevazione del sudore e dell’elettricità a sorprendermi e ad incantarmi. Insieme alla ricercatrice vediamo un picco dell’attività elettrica della mia pelle rilevato quando afferro il primo prodotto e un drastico abbassamento nel momento in cui lo appoggio nel carrello.

Stessa cosa con il secondo prodotto, si alzano tutti i parametri quando lo scelgo e lo afferro e si abbassano quando lo lascio.  Di nuovo la conferma del coinvolgimento emotivo, fisico e fisiologico nell’attività.  Il mio cervello conscio sa che non sto toccando né acquistando niente, mentre quello inconscio sembra non distinguere quest’esperienza virtuale da una reale.

Ma, più di tutto, a sorprendermi sono stati il doppio picco e il doppio crollo che hanno – insindacabilmente e senza dubbio – rilevato la mia frustrazione al divieto di prendere gli amaretti. La coscienza del fatto che non avrei potuto afferrare quel pacchetto in basso a sinistra ha urtato la parte inconscia e più istintiva di me che ha, e questo è evidente, dimostrato il suo shock con questo movimento atipico dei parametri della pelle.

Una vera sorpresa per me!

Un test biometrico che ha – davvero – rilevato parte delle mie emozioni e mi ha lasciato una visione positiva ed ispirata del neuromarketing e dell’applicazione scientifica di questi elementi alle scelte di marketing delle aziende.


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