Investire in valute estere: quali sono le varie opzioni?
Di NicolettaChi desidera iniziare a investire in ambito valutario per diversificare in maniera strategica il suo portafoglio deve avere un’idea chiara dei vari strumenti disponibili, dei rischi che ognuno di essi implica e tenere anche conto degli oneri fiscali.
L’investimento in valute estere può potenzialmente consentire di realizzare profitti dall’oscillazione delle varie divise e ha il vantaggio di essere in ogni caso molto liquido, ovvero facilmente vendibile. Si tenga però presente che l’investimento valutario presuppone conoscenze ed esperienze non sempre accessibili a tutti (come la capacità di individuare la migliore strategia di gestione, la scelta dell’ambito valutario principale di riferimento, un tracciamento “storico”, una conoscenza dell’andamento delle valute nel passato, l’analisi della volatilità e dei più importanti parametri di riferimento).
Queste sono le principali scelte possibili per un risparmiatore:
– operare autonomamente aprendo un normale conto corrente in valuta diversa dell’euro presso una banca e con esso operare sulla valuta scelta. Quasi tutti gli istituti di credito (inclusi quelli online) offrono almeno un conto in dollari. Alcune banche consentono addirittura di aprire anche un conto corrente multivaluta (multicurrency) avente come sottostanti vari sottoconti abbinabili a ciascuna valuta. Dal punto di vista fiscale, la tassazione sarà uguale a quella di un conto corrente in euro – a meno che sul suddetto conto non sia presente per almeno sette giorni lavorativi successivi una giacenza superiore a 51.645,69 euro. In questo caso ogni prelievo dal conto stesso è equiparato a una cessione onerosa di valuta che produce plusvalore (o minusvalore) ed è quindi sottoposte alle regole fiscali dei redditi diversi.
– agire in autonomia comprando in banca (e pagando in euro) obbligazioni in valuta straniera ad altissimo rating (per minimizzare il rischio di credito), di aziende, enti sovrannazionali o stati sovrani. In questo modo si espone solo alla variazione valutaria e non a quella azionaria.
– decidere per un regime amministrato delegando la gestione del portafoglio valutario a broker specializzati e scegliendo fondi comuni e SICAV che operano nel trading valutario che investono direttamente sull’apprezzamento (oppure sul deprezzamento) di una valuta rispetto a un’altra e che possono anche utilizzare una leva finanziaria superiore a uno. Ad esempio può optare per ETF (ovvero, fondi indicizzati quotati in borsa). La fiscalità in questo caso è identica a quella applicata per qualsiasi fondo, SICAV o ETF armonizzato, ovvero attuata mediante imposta sostitutiva dei proventi operata dagli intermediari e compensazione delle eventuali minusvalenze realizzate con le plusvalenze e gli altri redditi diversi conseguiti successivamente, nei limiti dei quattro anni d’imposta.
La scelta che implica minore rischio è l’acquisto di fondi comuni oppure di ETF specializzati sulla borsa americana o svizzera o inglese o giapponese. Poiché questi prodotti finanziari sono in pratica dei portafogli di azioni di società estere, l’investitore “scommette” sul cambio con il dollaro US/franco svizzero/sterlina inglese/yen giapponese e contemporaneamente si espone al rischio azionario.Quando deciderà di vendere, i prezzi in valuta (che nel frattempo possono essere saliti o calati) delle azioni estere presenti nei fondi o negli Etf saranno aggiornati al cambio con l’euro (che può essere aumentato o diminuito nel corso del tempo). Questa strategia è dunque a rischio piuttosto alto consigliabile soltanto se l’orizzonte temporale di investimento è lungo o lunghissimo.
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