Investire sugli indici utilizzando i Futures
Di Matilde BerettaApprofondiamo il discorso degli investimenti sugli indici utilizzando direttamente i futures.
In alternativa ai notissimi ETF, infatti, gli investitori professionisti possono utilizzare i contratti futures, a patto di conoscerne a fondo i complessi meccanismi di funzionamento e i notevoli rischi annessi.
Ecco una definizione di futures estrapolata da Wikipedia: I futures sono contratti standard e quindi negoziabili, a differenza di quelli personalizzati (over the counter) che per la loro eterogeneità non sono scambiabili sul mercato. Vengono negoziati nei mercati regolamentati, nella prassi finanziaria esistono delle regole nella negoziazione e nella creazione di questi strumenti finanziari. Ad esempio, la Borsa crea dei futures e solo quelli vengono negoziati, cioè non si possono creare future aggiuntivi (cosa che invece è possibile per i forwards). Sono strumenti molto standardizzati: ogni elemento del contratto è definito in un contratto standard e le controparti non possono modificarlo. Acquistare futures significa impegnarsi ad acquistare alla scadenza ed al prezzo prefissati l’attività sottostante. Questa può essere sia un’attività reale, ad esempio una commodity (grano, oro, metalli caffè, ecc.) sia un’attività finanziaria. In quest’ultimo caso si parla di financial futures i cui sottostanti possono essere ad esempio una valuta (currency futures), un indice borsistico.
In estrema sintesi, i futures permettono di acquistare o vendere un indice di borsa, esattamente come si fa con un titolo azionario. In modo analogo, si possono acquistare a vendere contratti futures sull’oro, sulle valute, sulle materie prime, sulle criptovalute e così via.
Aiutiamoci con un esempio. Chi volesse investire su un indice di borsa, può acquistare o vendere un contratto future che ha come sottostante l’indice stesso. Ad esempio, presso il mercato dei derivati di borsa italiana, chiamato IDEM, sono quotate due tipologie di contratti future basati sull’indice S&P MIB: il contratto standard e il mini. La differenza tra i due sta nella dimensione e quindi nel valore del contratto.
Iniziamo con il contratto mini, più semplice da comprendere poiché assegna il valore di un euro a ogni punto dell’S&P MIB (moltiplicatore=1). Se quindi l’indice è ad esempio quotato 20.000, il contratto mini S&P MIB avrà un valore di € 20.000. Per acquistarlo, grazie meccanismo del margine di garanzia, non è tuttavia necessario versare per intero la somma, ma solo una parte della stessa detta margine di garanzia. Se per esempio si opera in intraday, bastano circa € 750 come margine depositato. Quindi, a patto che si chiuda la posizione entro i 30 minuti precedenti la chiusura delle contrattazioni, si riescono a manovrare € 20.000 disponendo soltanto di € 750. Se invece si vuol tenere aperta la posizione anche dopo la chiusura delle contrattazioni (overnight) quindi per due o più giorni è necessario versare un margine più elevato, pari a circa il 7,5% del valore del contratto. In realtà, le richieste dei margini variano a seconda del broker tramite il quale si acquistano e vendono i futures, ma le cifre sono abbastanza standardizzate.
Il problema e la pericolosità dei future sta proprio in questo meccanismo del margine di garanzia, che spesso trae in inganno gli investitori incauti e scarsamente informati. In pratica, il valore di ciò che si è acquistato o venduto è proprio di € 20.000, non di € 750 come alcuni sono portati a pensare. E’ questa la causa di tutti i problemi: il fatto che si possano perdere molti più soldi di quelli investiti.
Supponiamo ad esempio di aver acquistato un contratto a 20.000, che ha quindi il valore di € 20.000 anche se noi abbiamo investito solo € 750. Se l’indice scende a 19.000 nel momento in cui rivendiamo il contratto questo avrà un valore di € 19.000 e la nostra perdita sarà pari a € 1.000, anche se il margine di garanzia depositato era solo pari a € 750.
I contratti future permettono di investire al rialzo al ribasso indifferentemente. Se, quindi, ho venduto il contratto 20.000, che ha quindi il valore di € 20.000 anche se il margine di garanzia rimane pari a € 750 e l’indice sale a 21.000, nel momento in cui lo riacquisteremo per chiudere la nostra posizione al ribasso la nostra perdita sarà di nuovo pari a € 1000, anche se il margine di garanzia depositato era solo pari a € 750.
Chiaramente l’intermediario finanziario non attende che il valore della perdita potenziale superi quello del margine depositato e quindi ci chiamerà per reintegrare lo stesso, con la cosiddetta margin call, nel momento in cui questo è stato eroso dalle perdite potenziali. In quel momento, si potrà decidere di reintegrare i margini garanzia con un altro versamento, oppure liquidare la posizione prima che lo stesso margine sia completamente esaurito.
Talvolta, come immaginerete, i movimenti dei mercati sono così rapidi e repentini da non permettere che si abbia nemmeno il tempo di liquidare la posizione in perdita oppure reintegrare il margine di garanzia, portando le posizioni aperte ad avere perdite ben superiore agli stessi in pochi istanti. Ciò è tanto più vero è probabile, quanto più esigui sono i margini depositati a garanzia rispetto al valore del contratto. È intuitivo che questo effetto di amplificazione possa anche giocare a nostro favore, nel caso in cui le nostre posizioni si muovano nella direzione sperata. È per questo che i derivati offrono potenzialità di guadagno molto elevate, ma come spero avrete compreso, anche possibilità di perdite che possono portare conseguenze molto gravi.
Un modo per avere ben presente il tipo di transazione che si sta facendo e quello di non farsi confondere dal margine di garanzia. È quindi importante avere ben presente che si stanno investendo, per seguire l’esempio di prima, € 20.000 e non € 750, come potrebbe sembrare. Questo elemento da solo dovrebbe aiutare gli investitori a comprendere e meglio valutare i rischi che stanno assumendo. Purtroppo molto spesso facile dimenticare tutto ciò e ritrovarsi a pensare di rischiare soltanto il margine di garanzia che si è versato, ma come spero avrete capito non è così. I trader professionisti evitano di eccedere nell’utilizzo di questo strumento, cercando sempre di avere una disponibilità liquida pari o addirittura superiore al valore del contratto, anche se quella che viene versata con margini di garanzia è chiaramente minore. Questo metodo di money management permette di avere ben presente la reale entità dell’investimento che si sta attuando, senza farsi ingannare dall’apparente esiguità dello stesso. Il mio consiglio, per chi decide di operare con i contratti future, è esattamente lo stesso, ossia quello di avere una disponibilità liquida pari al valore del contratto. Se quindi decidete di acquistare un vendere un contratto mini legato al nostro indice S&P MIB, sarà opportuno avere una disponibilità liquida pari al valore dello stesso, quindi nell’esempio sopra a € 20.000.
Veniamo ora al contratto standard, che ha un moltiplicatore pari a cinque. Ciò significa che ogni punto dell’indice S&P MIB vale cinque euro. Quindi se oggi l’indice è a 20.000 punti, il valore del contratto sarà pari a € 100.000 e immagini di garanzia richiesti sono € 2.500 per l’intraday e il solito 7,5% circa per le posizioni tenute oltre la chiusura. In questo caso sarà importante non dimenticare che si stanno investendo € 100.000 e non € 2.500, cosa che potrebbe essere altamente fuorviante e fonte di rischi enormi.
Chiarito tutto questo è importante comprendere come gli strumenti siano effettivamente molto comodi, proprio per il fatto che permettono di investire ad esempio su un intero indice, senza bisogno di acquistare i singoli titoli che lo compongono.
Nel mio caso, ad esempio, non trovandomi a mio agio con investimenti nei singoli titoli azionari, preferisco di gran lunga concentrare la mia attenzione sugli indici, che grazie all’esistenza dei contratti future possono essere trattati esattamente come dei titoli. Come dicevo all’inizio dell’articolo, non esistono poi sono i futures sugli indici, ma anche quelli sui titoli di Stato, come ad esempio il Bund, poi ci sono quelli sulle materie prime, come ad esempio il petrolio e così via. Un altro vantaggio sta negli esigui costi di intermediazione, poiché le commissioni sui future sono solitamente inferiori a quelle praticate dagli intermediari sulle azioni. La cosa importante resta comunque la piena comprensione dell’effetto leva, ossia del meccanismo del margine di garanzia, che ho cercato di spiegare e dei rischi ad esso legati. Per questo importante capire pienamente le caratteristiche di ogni contratto future prima di decidere di investire in questi strumenti.
Stefano Bargiacchi
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