Inchiesta “Una poltrona per due”: l’imprenditore Natuzzi denuncia la concorrenza sleale

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Segnaliamo volentieri sul nostro blog le vicende legate all’inchiesta di Report, la nota trasmissione televisiva condotta da Milena Gabanelli sui RAI3.

Per vostra comodità riassumiamo i fatti: a denunciare la concorrenza sleale nel settore dei mobili imbottiti è l’imprenditore pugliese Pasquale Natuzzi, a capo del Gruppo Natuzzi, azienda quotata a Wall Street e tuttora leader nel mondo – ma da anni in profonda crisi e con migliaia di lavoratori in cassa integrazione.

Oltre alla recessione in cui indubbiamente versa l’economia europea e italiana in particolare, le difficoltà dell’azienda sono dovute al fatto che le principali aziende concorrenti in questo settore si avvalgono del lavoro di terzisti, quasi sempre cinesi, mentre la produzione Natuzzi continua a essere totalmente realizzata all’interno dei suoi stabilimenti, con manodopera qualificata e dal costo molto elevato. Natuzzi continua insomma a propugnare “made in Italy” autentico il contro lo scadente “meid in Itali”.

Le aziende cinesi si sono gradualmente sostituite anche a quelle italiane che operanavo come terzisti nel settore del mobile imbottito. Hanno potuto farlo perché i loro costi sono estremamente contenuti. Per esempio utilizzano la copertura delle assunzioni “part-time” sulla carta, che in realtà corrispondono a orari lavorativi totalmente pieni se non di straordinari. Oppure sfruttano i clandestini per un lavoro totalmente sommerso. I controlli delle forze dell’ordine sono occasionali e facilmente aggirati con il semplice pagamento delle sanzioni e la fondazione di nuove società. E chi affida loro le commesse non si preoccupa di sapere se il fornitore applichi o meno principi etici ed equità nei confronti dei dipendenti, con totale trasparenza nei confronti del Fisco. In questo senso il buon senso suggerirebbe che è corresponsabile.

Le aziende concorrenti, dal canto loro, si difendono adducono il loro successo a una strategia diversa nella commercializzazione e nella pubblicità.

Comunque sia, il risultato di questa situazione è il seguente: chi produce direttamente ha costi d’impresa molto elevati e si vede sottrarre volumi di fatturato e quote di mercato che poi portano alla riduzione dei posti di lavoro e alla cassa integrazione (che pagherà la collettività). Ma anche chi si avvale di una filiera più snella e affida il lavoro ai terzisti, oltre a offrire poca qualità e materiali, favorisce il lavoro sommerso e quindi l’evasione fiscale, contributiva e previdenziale – che ricade ancora una volta su noi contribuenti.

In questo panorama ben poco edificante, le nuove norme sulla tracciabilità e il limite all’uso del contante potrebbero davvero servire. Il lavoro nero si paga sempre infatti in contanti: aumentare il monitoraggio può effettivamente servire a fare emergere gran parte del sommerso. E con le risorse derivanti da questa azione, trovare modi per obbligare tutti a pagare il giusto.

1 commento su “Inchiesta “Una poltrona per due”: l’imprenditore Natuzzi denuncia la concorrenza sleale”
  1. daniele ha detto:

    Ma possibile che non si riescano a fermare ‘sti Cinesi nemmeno in casa nostra?


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