Il redditometro: quali sono i punti più controversi

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Mentre in Rete già proliferano gli articoli con consigli su come difendersi dalla minaccia del redditometro e la politica si interroga sull’opportunità di eliminarli del tutto e i commercianti di beni di lusso notano brusco un calo nelle vendite, vediamo quali sono gli aspetti più criticati di questo strumento (tecnicamente definito “accertamento sintetico di tipo induttivo”) che dovrebbe servire a frenare l’evasione fiscale:

* Cento voci di spesa suddivise in cinquantasei microaree paiono troppe: una mole di dati enorme che rischia di disorientare il contribuente anche se vorrebbe servire per capire la nostra reale capacità di spesa. Resta il dubbio: bisognerà conservare ogni singolo scontrino? L’Agenzia delle Entrate dice di no.

* Un’altro aspetto del redditometro che crea perplessità è la cosiddetta “presunzione dei consumi”: per compilare il profilo del contribuente, d’ora in poi il Fisco farà riferimento alle medie ISTAT. Il rischio è che la metà del profilo sia costituito non su basi reali ma su dati medi o – ipotesi ancora peggiore – che il dato statistico prevalga su quello reale e che il suo importo risulti più elevato.

* Sempre a proposito delle medie ISTAT, il profilo prenderà in considerazione undici profili diversi di altrettante macroaree, ma è abbastanza ovvio che la spesa media di chi vive in un paese o in una cittadina non è certo la stessa di chi abita in una metropoli.

* La verifica con il redditometro scatterà al riscontro di una discrepanza superiore al 20% tra reddito dichiarato e ammontare delle spese. L’onere della prova è addossato al contribuente, il quale deve provare che il suo reddito è congruo rispetto al livello dei consumi rilevati dal fisco: eventuali discrepanze dovranno essere spiegate dal cittadino.


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