Il mestiere del trader – tutto quello che ti serve sapere
Di Daniele GrattieriSono sempre di più le persone che si autodefiniscono online “trader indipendenti”. Tra mito e realtà, è lecito cercare di fare un po’ di chiarezza su questa professione.
Già, “professione”, occorre essere ben chiari: la figura del trader professionista indipendente esiste, è rara ed è ancora più raro che sia duratura nel tempo (sono pochi quelli che riescono davvero a vivere di trading). Credere, dunque, che questo tipo di trader sia solo una figura metodologia nata da un eccesso di ego di un disoccupato che fa operazioni sui mercati finanziari, è indubbiamente un errore.
Sebbene siano in tanti gli esperti della finanza che sconsigliano di seguire questa strada senza avere le spalle coperte da un buon lavoro, vale la pena fare una riflessione sul fenomeno insieme. Secondo il sito web di confronto dei broker di Abile Trader, ecco alcune linee guida che chiunque può seguire per diventare un trader indipendente.
Studiare, studiare e studiare
Per quanto non sia necessario avere una laurea in economia e finanza per fare il abile trader, avere una buona preparazione in materia è sicuramente uno step fondamentale da intraprendere prima di lanciarsi nel mestiere.
Non sarà però un diploma a provare la conoscenza economico-finanziaria di un trader, ma sarà l’esperienza maturata sul campo. Per fare questo lavoro è fondamentale essere persone curiose, lettori instancabili che approfittano di ogni momento libero per informarsi.
Cosa può fare un trader incapace di leggere i dati trimestrali di una società quotata con occhio critico? O uno che non ha idea di come funzioni un’operazione di fusione tra banche appena annunciata sul mercato? Il trader che non conosce i concetti più importanti di economia è condannato a leggere le opinioni di altri (i cosiddetti “esperti”), rinunciando al proprio pensiero indipendente.
Scegliere il broker migliore
Sono tanti i fattori che vanno considerati al fine di scegliere il migliore broker online. In primis, è fondamentale decidere se si voglia optare per un regime di risparmio gestito (in cui, in sostanza, viene delegata all’intermediario la gestione del portafoglio di investimento) o di risparmio amministrato (è il trader a gestire gli investimenti).
Le condizioni di sottoscrizione del contratto di brokering dovrebbero essere molto chiare, dal livello delle commissioni di investimento ai reali rischi di ogni operazione effettuata sul mercato.
Va poi tenuto a mente l’importanza di scegliere il broker più adatto allo strumento che si vuole negoziare. Non è pensabile, infatti, di trovare ad esempio la stessa offerta di criptovalute presso un broker bancario classico e uno specializzato nell’ambito blockchain (vale il discorso opposto per azioni e derivati).
È poi interessante – e non banale – studiare quale sia l’opzione migliore tra broker bancari e broker non bancari. Mentre i primi offrono anche altri servizi oltre a quello del brokering, i secondi sono di norma focalizzati solo su questo tipo di attività (con costi di gestione e commissioni ben diversi).
In generale, la regola d’oro è quella di cercare di scegliere un broker finanziariamente solido. Molti broker cessano di esistere nel primo anno di vita, e, si sa, mentre la Storia è colma di Governi che hanno deciso di salvare banche in difficoltà (anche se non possiamo essere certi che questo trend continui in eterno), nessuno ha mai deciso di salvare un broker extra-bancario in fallimento.
Usare un software di analisi
Risulta poi fondamentale avere a disposizione un software di analisi finanziaria in modo da scegliere con maggiore accuratezza l’oggetto e le tempistiche di investimento.
Analisi tecnica o analisi fondamentale, a prescindere dalla scuola di pensiero è importante avere uno strumento che consenta di effettuare calcoli statistici (nel caso dello studio tecnico) o leggere notizie e visionare dati finanziari (se l’opzione scelta è quella dell’analisi fondamentale).
Ancora meglio, diversi software offrono la possibilità di avere un connubio di entrambe le cose: applicare indicatori tecnici a grafici di asset finanziari e, al contempo, vedere i dati societari di un’azienda quotata e leggere le ultime notizie micro- e macro-economiche.
La postazione del trader: un mito superato
Uno dei miti che circonda la professione del trader è quello della postazione di investimento casalinga. Molti immaginano, senza dubbio, un trader alla scrivania con diversi schermi davanti agli occhi in modo da tenere monitorato l’andamento del mercato in diretta.
Considerando che, oramai, è possibile trovare occasioni di mercato a qualunque ora del giorno (i mercati valutari e cripto-valutari sono aperti 24 ore al giorno, e ad ogni ora è possibile trovare aperto almeno uno dei principali mercati in America, Europa o Asia), non è umanamente possibile passare tutta la vita davanti a questa fantomatica mega-postazione di trading.
Al di là di questo, questo genere di postazioni ricordano molto gli anni Novanta del secolo scorso, quando Internet aveva una copertura ed una rapidità di scambio di informazioni estremamente ridotta a quella di oggi, e l’unica azione che un telefono poteva svolgere era quella di telefonare.
Oggi, in realtà, possedere un computer non è nemmeno fondamentale per fare trading giornaliero, è sufficiente in realtà possedere un normalissimo smartphone e un contratto di rete mobile. Sono innumerevoli le applicazioni lanciate da broker – bancari e non – con le quali è possibile sottoscrivere un veloce contratto.
La posizione fiscale in Italia
Svolgendo alcune ricerche online, sembra chiaro come in Italia esista molta confusione circa il trattamento fiscale di chi svolge la professione di trader indipendente.
Iniziamo subito con un chiarimento necessario: in nessun caso in Italia è necessario aprire partita IVA quando un privato intende svolgere la professione di trader, senza svolgerne un’altra. Non è quindi vero, come talvolta si legge online, che vada specificato un codice ATECO ad hoc per la professione (ovviamente questa affermazione presuppone che l’attività di trading non venga svolta tramite la creazione di una società).
Immaginando che chiunque voglia fare trading in maniera indipendente voglia farlo in un regime di risparmio amministrato (farlo con il risparmio gestito sarebbe, in realtà, in contrapposizione con il termine “indipendente”), l’unica aliquota che occorre veramente conoscere è quella del 26%.
Questa percentuale è importante in quanto viene applicata a tutti i residenti in Italia su capital gain realizzati e dividendi percepiti.
Risulta infine molto importante conoscere il concetto di minusvalenza e plusvalenza: di norma la realizzazione di una perdita sui mercati finanziari porta una minusvalenza, che va ad alimentare il fondo di minusvalenze presso il proprio broker. Avere un fondo di minusvalenze con un importo maggiore di zero comporta una riduzione (o, nel caso di fondi maggiori, un azzeramento) della tassazione sul capital gain.
Commenta o partecipa alla discussione