Il crollo delle azioni Facebook porta il pessimismo a Wall Street

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Il flop di Facebook in borsa è sulla bocca di tutti (nei giorni peggiori il titolo è arrivato a valere il 26% in meno rispetto all’IPO). Le conseguenze sono numerose e di ampia portata: una perdita intorno agli 1,5 miliardi di dollari di entrate fiscali attese (ma ora sfumate) nel solo stato della California, che contava molto su questo gettito per risanare almeno in parte il suo bilancio disastroso. Ma soprattutto un ripensamento e un ritardo nel lancio in borsa di altre aziende (tra cui la Kayak Software e la Graff Diamonds). Dal giorno dell’IPO del social network in blu nessun’altra società ha osato farsi quotare alla borsa di New York e si conosce soltanto il nome di Loyalty Alliance Enterprise come futura matricola. Il 2012 potrebbe risultare il peggiore anno da cinque a questa parte per numero di IPO lanciate.

L’errore è stato nel prezzo esorbitante che si è accettato di pagare per le azioni di Facebook, che ha condotto l’azienda a essere quasi 100 volte più capitalizzata del suo utile (il rapporto capitalizzazione-utile, anche per un gigante come Apple è appena di 13:1). Una bolla costruita con pubbliche relazioni e speculazione, in cui si è lasciato ingenuamente attirare anche un gigante come Goldman Sachs.

Questo non significa che il business della Facebook reale non continuerà a crescere – tutt’altro. Solo che non ci riuscirà nei tempi che si attendeva la finanza.


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