De Benedetti e la crisi economica: Centomila punture di spillo

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Centomila Punture di spilloParliamo oggi del libro di Carlo De Benedetti che si intitola Centomila punture di spillo, scritto in collaborazione con Federico Rampini per Mondadori. Il titolo dell’opera è sicuramente pungente, ma il sottotitolo è ottimistico: Come l’Italia può tornare a correre.

Un testo scritto principalmente per tentare di andare oltre la paura dell’attuale grave e reale crisi e preparare un futuro più roseo compiendo i gesti più razionali oggi. La prima parte del libro tenta di spiegare quanto e in che modo il mondo è cambiato con la globalizzazione e come l’Italia è stata per molti aspetti marginalizzata nel resto del mondo, fatta eccezione per la sua storia passata. La seconda parte del testo è costituita dalla punture di spillo, ossia dall’invito a fare gli opportuni cambiamenti.
L’ingegner De Benedetti prescindendo, per quanto possibile, dagli argomenti più squisitamente politici, alla domanda ricorrente e inevitabile, “che cosa si può fare per tirarsi fuori dalla crisi economica in cui siamo caduti?“, questi sono stati alcuni dei punti da lui sottolineati:
* La regola numero uno è che ognuno di noi decida di non abbandonarsi ma di conquistare la padronanza del suo destino. L’Italia del dopoguerra era distrutta, ma i nostri padri hanno saputo ricostruirla tirando fuori tutta la grinta necessaria; loro hanno saputo mettere in moto una crescita economica di un livello paragonabile a quello della Cina attuale. La riforma vera non deve essere attesa dall’alto, ma deve avvenire in noi: dopo aver preso atto della realtà della crisi deve scattare in noi la voglia di rinascere.
* L’Italia deve imparare a capitalizzare sulle cose che sa fare meglio di chiunque altro: per esempio, tutti ci invidiano il gusto, il lifestyle italiano e i progetti dei nostri architetti, non a caso chiamati ovunque nel mondo.
* Il sud del Mediterraneo – intendendo con questo termine la fascia di paesi che vanno dal Marocco all’Asia Minore – potrebbe diventare per noi una nuova Cina: un mercato di 720 milioni di persone, con un PIL sette volte superiore a quello cinese e in costante crescita; questi sono i paesi giusti dove investire, da cui importare manufatti e in cui esportare merci. Con l’enorme vantaggio della vicinanza geografica che permetterebbe un abbattimento dei costi. E un’affinità culturale che ci accomuna e rende più facile i rapporti: il famigerato levantinismo.


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