Criptovalute e dichiarazione dei redditi: come comportarsi?

Di
Dichiarazione Sostitutiva Unica

Quella delle criptovalute è ancora un’area grigia nel contesto del panorama legislativo italiano. Tuttavia, in base a una recente risposta data dall’Agenzia Entrate a un interpello (n.788/2021) è stato chiarito che il possesso di criptovalute debba essere sempre inserito nel quadro RW della dichiarazione dei redditi (la sezione che contiene l’indicazione dei redditi da investimenti o attività finanziarie all’estero – nonostante il fatto che questi asset non possono essere localizzati in un Paese, ma solo sulla blockchain).

L’inserimento nel suddetto quadro è obbligatorio soltanto ai fini del monitoraggio fiscale, e non a quelli della tassazione. A oggi infatti le criptovalute non sono soggette a IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero). L’obbligo di indicazione di cui sopra sussiste a prescindere dalla modalità di custodia e dal luogo in cui sono conservati il wallet o la chiave privata e anche nei casi in cui le criptovalute siano detenute dal contribuente tramite un exchange (come Coinbase, Binance, Crypto.com ecc.), ovvero nei cosiddetti custodial wallet, anche se italiani.

Un problema non da poco è la quantificazione del valore degli asset in criptovalute. Si sa infatti che questa tipologia di investimento è caratterizzata da un’estrema volatilità. Nel 2018 però l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che “il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale”. Ovvero: a prescindere dal valore che aveva ad esempio una certa quantità di Bitcoin al momento dell’acquisto, il valore da inserire nella dichiarazione è quello rilevato nella data del 31 dicembre successivo all’acquisto. Esiste però anche un altro orientamento tra gli esperti della materia, che come avrete capito è ancora magmatica, secondo il quale l’indicazione “giusta” dovrebbe consistere nel costo d’acquisto – per via del fatto che gli exchange crypto non sono mercati regolamentati e vigilati da un’authority e che per le criptovalute non è possibile indicare un valore nominale e un valore di rimborso.

Non esiste una cifra sotto la quale le criptovalute possono essere esentate dall’inserimento nella dichiarazione dei redditi (come avviene invece per i conti deposito e i conti correnti bancari sotto i 15.000 euro). La mancata o errata compilazione del quadro RW viene punita con una sanzione che può andare dal 3 al 15% degli importi non indicati. All’interno del suddetto quadro RW si può indicare la somma del valore di tutte le criptovalute possedute. Deve essere barrata la colonna 20 “Solo monitoraggio”. Se non hanno prodotto alcun reddito imponibile va indicato nella colonna 18 il codice “5”.


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