C’è crisi? L’impresa cambia con il change manager
Di DonataE’ la figura professionale più richiesta del momento. Ha una grande esperienza di dinamiche aziendali, ottime qualità organizzative e di ‘motivatore’ psicologico, ed è un profondo conoscitore dei mercati internazionali. I change manager, una professione che sta diventando sempre più importante grazie alla crisi economica, possono essere professionisti, dirigenti interni all’azienda o dirigenti in pensione che offrono consulenza per le imprese. Ed esistono ormai anche le società di temporary, che, su richiesta delle imprese, offrono queste professionalità per interventi più complessi, per un periodo che può variare dai 12 ai 30 mesi.Cosa fa un change manager? Una volta all’interno dell’azienda, mette le ‘mani’ un po’ dappertutto: interviene sul capitale umano, sull’organizzazione, sulla progettazione e produzione aziendale, ma anche sull’aspetto commerciale e di marketing.
E il guadagno? Per il change manager lo stipendio è legato al raggiungimento di un obiettivo prefissato al momento dell’accordo con l’azienda e anche alla performance: ”La media – spiega Citterio, consigliere del direttivo Pmi Assolombarda, – si aggira sui 100-120 mila euro lordi all’anno – con dei bonus di produttività, che normalmente sono del 10-20% dell’intero compenso, ma che possono anche arrivare al 50% dell’ingaggio annuo in casi particolari di raggiungimento pieno degli obiettivi fissati”.
Che tipo di formazione deve avere? Generalmente il change manager proviene da studi di tipo economico o aziendale, è quasi obbligatoria una laurea in economia, meglio con una specializzazione in gestione delle risorse o organizzazione aziendale.
Accanto alla formazione tradizionale, è necessaria anche un’ottima conoscenza delle dinamiche della cosiddetta new economy senza disdegnare una certa preparazione tecnica, molte volte frutto di esperienze sul campo.
Al lavoro dunque!
Commenta o partecipa alla discussione